A Cura degli Avvocati Maria Angelini, Marilena Monaco e Piero Paesanti.
Il caso in esame: il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto il reclamo proposto dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) avverso l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza con cui era stata parzialmente accolta l’istanza presentata nell’interesse del detenuto, ai sensi dell’art. 35-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. Pen.), oltre che sulla ritenuta non conformità di quanto stabilito dall’art. 3 CEDU; l’esito di esso aveva visto l’assegnazione di una somma a titolo di risarcimento al detenuto.
Veniva però proposto Ricorso per Cassazione dal Ministero della Giustizia avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza
I Giudici della Prima Sezione Penale della Suprema Corte, esaminato con excursus interpretativo-argomentativo il metodo di calcolo dello spazio minimo da assicurare ad ogni detenuto giungeva a sollevare delle questioni che, successivamente, sono state rimesse alle Sezioni Unite.
In considerazione dei diversi indirizzi giurisprudenziali in tema di violazione del divieto posto dall’art. 3 della CEDU, infatti, dibattuta risultava la disamina sul metodo di calcolo dello spazio minimo da assicurare ad ogni detenuto, al netto o al lordo degli arredi, oltre all’ambito di operatività, più o meno esteso, assegnato agli elementi compensativi; la sezione in commento quindi riteneva, con ordinanza del 21 febbraio 2020, depositata il 11 maggio 2020, n. 14260 che fosse indispensabile un intervento delle Sezioni Unite per vedere affrontate le seguenti questioni:
– se i criteri di computo dello “spazio minimo disponibile” per ciascun detenuto – fissato in tre metri quadrati dalla Corte EDU e dagli orientamenti costanti della giurisprudenza della Corte di legittimità – debbano essere definiti considerando la superficie netta della stanza e detraendo, pertanto, lo spazio occupato da mobili e strutture tendenzialmente fisse ovvero includendo gli arredi necessari allo svolgimento delle attività quotidiane di vita;
– se assuma rilievo, in particolare, lo spazio occupato dal letto o dai letti nelle camere a più posti, indipendentemente dalla struttura di letto “a castello” o di letto “singolo” ovvero se debba essere detratto, per il suo maggiore ingombro e minore fruibilità, solo il letto a castello e non quello singolo;
– se, infine, nel caso di accertata violazione dello spazio minimo (tre metri quadrati), secondo il corretto criterio di calcolo, al lordo o al netto dei mobili, possa comunque escludersi la violazione dell’art.3 della CEDU nel concorso di altre condizioni, come individuate dalla stessa Corte EDU (breve durata della detenzione, sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella con lo svolgimento di adeguate attività, dignitose condizioni carcerarle) ovvero se tali fattori compensativi incidano solo quando lo spazio pro capite sia compreso tra i tre e i quattro metri quadrati.
Esigenza condivisa dal Primo Presidente Aggiunto, che, con decreto del 20 maggio 2020 fissava conseguentemente l’udienza del 24 settembre 2020, per la soluzione della questione.[1]
Esito del ricorso:
Con la sentenza numero 6551/2021, le Sezioni Unite hanno affermato i seguenti principi di diritto:
– “nella valutazione dello spazio minimo di tre metri quadrati da assicurare ad ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall’art. 3 della CEDU, si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello”; – “i fattori compensativi costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se ricorrono congiuntamente, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell’art. 3 CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati; nel caso di disponibilità di uno spazio individuale fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fattori compensativi, unitamente ad altri di carattere negativo, concorrono nella valutazione unitaria delle condizioni di detenzione richiesta in relazione all’istanza presentata ai sensi dell’art. 35-ter Ord. Pen.”.
[1] Rivista giuridica e Quotidiano Giuridico CEDAM