Nelle giornate del 10 e 11 febbraio 2023 l’Unione delle Camere Penali Italiane ha celebrato l’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario dei Penalisti Italiani presso il Teatro Nuovo ferrarese, grazie all’ospitalità della Camera Penale di Ferrara.
Come da programma, ogni giornata ha previsto due sessioni di dibattiti sui principali temi della Giustizia Penale Liberale, che hanno rappresentato un importante momento di confronto e di crescita per l’intera Avvocatura italiana, attraverso il contributo di illustri esponenti del mondo dell’Avvocatura, della Magistratura, dell’Accademia e della Politica.
Dopo i saluti istituzionali ed a seguito dell’introduzione dell’Avv. Pasquale Longobucco (Presidente Camera Penale di Ferrara), dell’Avv. Paola Rubini (Vicepresidente UCPI) e dell’Avv. Prof. Nicola Mazzacuva (Presidente del Consiglio delle Camere Penali), le prime due sessioni sono state coordinate dall’Avv. Prof. Luca MARAFIOTI (Università di Roma 3) e dall’Avv. Alessandra PALMA (Giunta UCPI) ed hanno visto come protagonisti i seguenti relatori: Prof. Daniele NEGRI (Università degli Studi di Ferrara) – Dott. Carlo CITTERIO (Presidente Corte Appello di Venezia) – Prof.ssa Serena QUATTROCOLO (Università del Piemonte Orientale) – Avv. Lorenzo ZILLETTI (Responsabile centro studi “Aldo MARONGIU’ UCPI), Avv. Prof. Giovanni FLORA (Università di Firenze), Prof. Gianluigi GATTA (Università Statale di Milano) Avv. Prof. Vittorio MANES (Università Alma Mater di Bologna), Dott. Carlo RENOLDI (Consigliere Corte di Cassazione);
Si riportano sinteticamente i loro interventi in ragione delle varie tematiche affrontate:
Giusto processo:
Intervento Prof. Negri: L’idea liberale del giusto processo nel suo modo di intendere i principi costituzionali e convenzionali purtroppo non è stata uniforme in tutti questi anni, tenuto conto del canone della sua ragionevole durata. Una traccia nell’attuale riforma sul tema della ragionevole durata del processo è supportata dall’introduzione dell’istituto dell’improcedibilità temporale, ossia una soluzione non costituzionalmente imposta, seppur in linea con un processo categorico come sancito dall’art. 111 co. 2 Cost. Pertanto, a parere del Prof. Negri, ritornare alla prescrizione sostanziale nei giudizi di appello non deve comportare l’abbandono dell’istituto dell’improcedibilità temporale che, seppur con difetti, deve continuare la sua vicenda applicativa, ancorché rispondendo ad una logica diversa da quella della prescrizione sostanziale, ma con un filo comune quale la tutela dell’individuo. Ulteriore lettura in chiave critica della ragionevole durata del processo è dettata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 132/19 – in ordine alla rinnovazione della prova a seguito di mutamento del giudice. Al riguardo, le conseguenze per l’imputato in ragione della predetta pronuncia, purtroppo non rispondono più a diritti pieni perfetti come il diritto alla prova, ma sono condizionati ad oneri o a situazioni soggettive. In conclusione, il giusto processo ha bisogno di buone norme processuali per la sua fedele attuazione, di riforme processuali e istituzionali che possano arginare le degenerazioni inquisitorie della prassi e di una nuova riforma liberale della giustizia penale.
Intervento Dott. Citterio: A parere del Presidente della Corte d’Appello di Venezia il sistema della giustizia attualmente è in preda ad un caos normativo, stante la necessità di organizzare i ruoli d’udienza tenendo conto dei processi pendenti e prossimi alla prescrizione, dell’istituto dell’improcedibilità ed infine del cartolare emergenziale fino al termine del 30 giugno 2023. Situazione complicata anche per gli Avvocati, posto che dal mese di luglio p.v. si tratteranno, anche nella medesima udienza, processi prossimi alla prescrizione, processi con cartolare emergenziale e processi con cartolare nuovo. Due procedimenti cartolari con diversità di termini, facoltà e oneri, che si applicano contemporaneamente potranno verosimilmente determinare incertezze nella classe Forense e di conseguenza, potenziali pregiudizi degli interessi delle parti processuali.
Pena:
Intervento Avv. Prof. Flora: Il prof. Flora sulla scorta delle parole di Carnelutti – “Il processo in sé è già una pena” – e aderendo alla posizione dell’Unione delle Camere Penali sulle costanti limitazioni nel corso dell’espiazione della pena e, nello specifico, tutto ciò che incide sulla dignità dell’essere umano, ha sostenuto che “si fa prima ad acquisire la libertà e non la dignità”. Ha proseguito evidenziando come ancora oggi non si sia inteso intervenire sulle c.d. “pene nascoste” come il sequestro cautelare ai fini di confisca oppure sulla confisca per sproporzione, che il più delle volte comportano la “morte” delle imprese, dell’imprenditore e della sua famiglia, oltre all’esecuzione di misure patrimoniali la cui richiesta si fonda abitualmente sul mero sospetto.
Infine, in questa prima giornata è stato particolarmente importante l’intervento del Ministro della Giustizia Dott. Carlo Nordio, il quale ha lodato la professione forense per la nobiltà di difendere sempre il debole. Tra le modifiche in previsione il Guardasigilli ha testualmente sostenuto: “modificheremo la legge sulla prescrizione che ha introdotto l’improcedibilità”. L’obiettivo del Ministro Nordio non è certo quello di allungare la sopravvivenza dei processi, bensì di accorciarla ancora di più.
La seconda giornata ha visto come coordinatori Avv. Paolo GIUSTOZZI (Osservatorio Misure Patrimoniali e Prevenzione UCPI) e Avv. Eriberto ROSSO (Segretario UCPI), nonché in qualità di relatori : Avv. Prof. Vincenzo MAIELLO (Università Federico II di Napoli). Avv. Prof. Oliviero MAZZA (Università Bicocca di Milano), Dott. Giovanni MELILLO (Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo), On. Avv. Francesco Paolo SISTO (Vice Ministro della Giustizia), Avv. Prof. Luigi STORTONI (Università Alma Mater di Bologna), Dott.ssa Margherita CASSANO (Presidente Aggiunto della Corte di Cassazione), Dott. Giorgio LATTANZI (Presidente Emerito Corte Costituzionale), Avv. Francesco PETRELLI (Direttore Rivista UCPI Diritto di Difesa) ed infine le conclusioni dell’Avv. Gian Domenico CAIAZZA (Presidente UCPI) :
Prevenzione:
Intervento Avv. Prof. Maiello: Posto che le misure di prevenzione non si collocano nella Carta Costituzionale in ragione di una scelta ben precisa da parte del legislatore, va osservato che le stesse, attualmente, devono ritenersi vere e proprie sanzioni penali. Negli anni l’istanza di anticipazione della tutela sociale, come momento di prevenzione rispetto all’accadimento da scongiurare al bene o all’interesse tutelato, è stata dettata dai reati di pericolo o dai reati tentati. Pertanto, gli obiettivi riformistici che si pongano in armonia con i principi costituzionali dovrebbero riguardare i seguenti interventi: ridefinire i rapporti tra processo penale e processo di prevenzione, ridefinire il principio di autonomia del processo di prevenzione rispetto all’azione penale, stabilendo che l’insussistenza del fatto o la sua mancata commissione attraverso la pronuncia di una sentenza passata in giudicato rappresenti una preclusione all’esercizio del potere di prevenzione.
Intervento Prof. Gatta: Le misure di prevenzione compiono quest’anno ben 160 anni; le stesse, introdotte con Legge Pica, peraltro, erano ritenute strumento eccezionale e temporaneo ossia “misure preater delicutum o ante delictum”. Seppur intitolato “sistema di prevenzione” deve pur sempre ritenersi un vero e proprio sistema punitivo con misure post – delictum applicabili dopo la commissione di un reato ma con un livello di prova attenuato e tradotto in una vera sanzione patrimoniale.
A parere del Prof. Gatta, è necessario determinare in maniera puntuale e rigorosa i rapporti tra processo penale e processo di prevenzione.
Intervento On. Avv. Sisto: È d’uopo evidenziare che la norma penale ha un valore economico immenso, tanto da paralizzare interi settori del nostro Paese. Sulla scorta di tale affermazione e, tenendo conto del tessuto economico delle imprese italiane, le misure di prevenzione hanno tuttora una loro risonanza patologica sul tessuto connettivo ed imprenditoriale, soprattutto con l’avvento del PNRR.
È necessario riformare i reati commessi a seguito di procedure concorsuali ove il principio di necessaria offensività dovrà riguardare una serie di reati anche in un’ottica di sanzione di tipo riparatorio.
E’ necessaria una nuova stagione tesa all’interpretazione giurisprudenziale delle norme in tema di misure di prevenzione in un’ottica di partecipazione sia dei Prefetti sia del Giudice amministrativo. E’ di tutta evidenza, in ogni caso, che solo a seguito di applicazione D.L. N. 152/21 si è ottenuto un contraddittorio teso alla collaborazione con le Prefetture. E’ necessaria una nuova sensibilità nella lettura dei provvedimenti di prevenzione, al fine di tutelare il Paese sul lato economico, anche previa applicazione dell’obbligo di modelli ex L. 231/01 in modo da allontanare il rischio di applicazione di una misura ingiusta.
Prescrizione:
Intervento Dott.ssa Cassano: Nel corso degli anni la tematica sulla prescrizione ha ricevuto molteplici contributi da parte dei diversi esponenti del mondo giuridico, tanto che il suo stesso concetto ha subito un inquinamento sia “empirico”, inteso come un mero “rallentamento dei processi”, sia “ideologico” ove si scontrano, tutt’oggi, ben due visioni diverse: da un lato, troviamo coloro che non accettano l’idea che l’inefficienza dell’apparato pubblico si riversi sul cittadino c.d. “imputato senza fine”, dall’altro, la mancata adozione di un provvedimento di amnistia in coincidenza con l’entrata in vigore di un’importante riforma avrebbe quantomeno assolto a quella funzione di scrematura degli affari penali sacrificando un certo numero di processi.
A parere del Presidente, il problema della prescrizione deve essere risolto sia sul fronte sostanziale, sia su quello processuale poiché i due profili non posso essere scissi; ciò provocherebbe una confusione concettuale.
Appare opportuno adottare, in ragione delle diverse tempistiche, un provvedimento di sospensione dell’efficacia della legge di riforma in modo che si possa procedere parallelamente tra la riforma sostanziale e quella processuale. L’intervento in ambito sostanziale significherebbe rivedere il sistema sanzionatorio secondo il principio di proporzionalità costituzionale tenuto conto delle fonti sovrannazionali – C.E.D.U. – tanto da incidere sui termini di prescrizione del reato in un’ottica di proporzione. Il concetto del “tempo” della ragionevole durata del processo incide su altri profili fondamentali che muovono la disciplina del giusto processo come ad esempio l’immediatezza, l’effettività del diritto di difesa e, nello specifico, la possibilità di analizzare le prove a discarico ed infine il finalismo rieducativo della pena, che rischia di essere vanificato tutte le volte in cui l’esecuzione della pena avviene dopo molti anni dal fatto di reato e, purtroppo, nei confronti di colui che, per il decorso del tempo, appare verosimilmente una persona diversa.
E’ bene ricordare che l’art. 2 co. 3 della disposizione di diritto intertemporale sancisce che le disposizioni in tema di improcedibilità si applicano sui procedimenti soggetti ad impugnazione aventi ad oggetto reati commessi a partire dal 1.1.2020. A parere del Presidente tale disposizione verosimilmente risponde ad esigenze repressive di reati gravi e sul punto ci si chiede: “se la prescrizione del processo ha natura intrinsecamente sostanziale anche le norme che la disciplinano dovrebbero soggiacere al principio della retroattività costituzionalmente e convenzionalmente sancito”?
In ultimo, ciò che desta perplessità per l’interprete, inteso sia nella figura del Magistrato sia dell’Avvocato, è la genericità dei provvedimenti tanto di proroga di celebrazione dei processi quanto di proroga dei termini ai fini della improcedibilità; tali proroghe andrebbero ad incidere sui diritti fondamentali delle persone. In conclusione, in ragione dell’inefficienza del sistema giudiziario, data sia dall’organizzazione dei palazzi di giustizia sia dall’assenza di chiarezza della normativa, è necessario individuare parametri processuali tali da giustificare eccezionalmente una dilazione processuale.
Intervento Dott. Lattanzi: A parere del Presidente Lattanzi la soluzione adottata con l’attuale riforma Cartabia, che prevede il decorso della prescrizione fino alla sentenza di primo grado e l’applicazione dell’istituto dell’improcedibilità per i gradi di Appello e Cassazione, è incongrua sotto il profilo sistematico. La soluzione adottata con l’attuale riforma non è accoglibile: per un verso, semplicemente, perché la prescrizione non può essere bloccata con la sentenza di primo grado, stante l’esigenza del diritto all’oblio; oltretutto c’è il rischio che tra il fatto e l’esecuzione della pena possa trascorrere un periodo alquanto lungo. La soluzione del Presidente Lattanzi – sulla scorta dell’idea formulata dalla “commissione Lattanzi” – consisterebbe nel mantenimento della prescrizione anche nei gradi successivi al primo, con sospensione della prescrizione per due anni per il giudizio in appello e per un anno per il giudizio in Cassazione; tempi ritenuti congrui secondo la Legge Pinto.
Intervento Avv. Caiazza: Il Presidente dell’Unione delle Camere Penali ha più volte sollecitato un tavolo di confronto con il Ministro Nordio in ordine alle urgenze che riguardano il Sistema Giustizia e, in particolare, tanto per ciò che concerne l’istituto della prescrizione, quanto per ciò che attiene ai decreti attuativi della riforma Cartabia. Ciò costituisce una premessa necessaria per ulteriori priorità come le impugnazioni, ormai riconosciuto uno strumento ad ostacoli per gli Avvocati. Tra le urgenze vi è anche la tutela del diritto al principio dell’immediatezza del processo, nonché quello della separazione delle carriere. In ordine al regime normativo e regolamentare dell’art. 41 Bis dell’Ordinamento Penitenziario, concepito inizialmente come uno strumento di natura eccezionale per risolvere il problema emergenziale interno alle strutture detentive, le sue modalità applicative si risolvono nella sistematica umiliazione delle condizioni minime di dignità della persona detenuta, senza che peraltro ciò abbia nulla a che vedere con la tutela della sicurezza pubblica.
In tema di regime carcerario, l’Avv. Longobucco ha stigmatizzato come esso sia “inteso dal panorama politico come mero strumento di propaganda e populismo giudiziario, senza affrontare seriamente i problemi che lo affliggono da tempo immemore, nonché quelli connessi al regime carcerario del 41 bis, ovvero uno strumento di vera e propria tortura che nulla ha a che vedere con le finalità di sicurezza pubblica che ne avevano ispirato l’introduzione, oltre all’incapacità degli istituti penitenziari, stante la carenza cronica degli strumenti necessari diretti alla finalità rieducativa del condannato e del reinserimento sociale dello stesso.” Ed invero, il diritto penale liberale impone che la pretesa punitiva dello Stato debba essere strettamente necessaria e proporzionata alle esigenze di tutela della collettività, oltre che rispettosa della persona che la subisce e della sua dignità.
In conclusione, le tematiche hanno riguardato principalmente le enormi difficoltà con cui la Giustizia italiana si dovrà confrontare ed i rimedi da adottare, compendiati nelle “Proposte UCPI di emendamenti al d.lgs. 150/2022”, la cui finalità è quella di rimuovere le criticità più manifeste rispetto agli articoli 24 e 111 Cost. e i profili di eccesso di delega contenuti nel menzionato DLGS, nonché il tema della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura, oggetto di proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare promossa dall’UCPI, inteso come un obiettivo la cui realizzazione non è più prorogabile perché è inscritto nella nostra costituzione, ed è quello proclamato dall’art. 111 il quale impone che il giudice sia non solo imparziale ma anche terzo. E terzietà non può che significare appartenenza del Giudice ad un ordine diverso da quello del pubblico ministero.
A cura dell’Avv. Nicola Bruno.